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CURARSI SCRIVENDO

I benefici della scrittura terapeutica nella terza età e nella cura della demenza.

La terza età o, più in generale l’invecchiamento, è stata considerata e vissuta in modi molto diversi durante la storia umana. Infatti, è noto che in passato gli anziani erano i saggi, coloro ai quali era deputato il compito di prendere le decisioni più importante nelle società passate.
Al contrario, oggi siamo portati a considerare questa parte di vita senza renderle la giusta importanza focalizzandoci molto spesso, sia come società che come individui, unicamente sui suoi aspetti meno positivi. La terza età, tuttavia, incarna un processo di cambiamento che può essere accompagnato, indirizzato e vissuto in maniera attiva, sia dalla persona che lo sperimenta che da quelle che la circondano.

COSA SI INTENDE PER INVECCHIAMENTO?

Secondo il dizionario, con il termine più appropriato di “senescenza” si intende un processo biologico naturale che porta ad una diminuzione di funzionalità di organi ed apparati. Ma possiamo davvero accontentarci di questa definizione? In realtà, quel passaggio di vita che noi chiamiamo invecchiamento porta con sé una serie di trasformazioni non solo fisiche e biologiche ma, anche e soprattutto, cognitive ed emotive. Infatti, ugualmente ad altre fasi di cambiamento come la pubertà, l’adolescenza o il passaggio all’età adulta, durante la terza età l’individuo sperimenta non solo mutamenti fisici ma anche una modifica in alcuni aspetti del suo mondo interiore.

Ad esempio convinzioni, relazioni, reazioni alle situazioni emotivamente stressanti ma anche funzioni come memoria, attenzione, programmazione e velocità di reazione si modificano in questa fase della vita. Tuttavia, non tutti questi cambiamenti vanno intesi in senso negativo. Anzi, molti individui riferiscono come, in terza età, riescano a vivere più profondamente ed estesamente le relazioni interpersonali, sia banalmente per una disponibilità maggiore di tempo da dedicarvi sia per una sensazione di maggiore riflessività e propensione all’interiorità, che generalmente, caratterizzano questa fase. Ma come porci, allora, nei confronti di quei cambiamenti che desideriamo limitare o rallentare?

IL RALLENTAMENTO COGNITIVO

Quando ci approcciamo ad un argomento vasto e complesso come l’invecchiamento dobbiamo fare una precisazione importante. L’invecchiamento, infatti, si accompagna ad un normale rallentamento cognitivo in cui certe funzioni mentali tendono ad una minore efficienza. Tuttavia, questo rimane entro un limite che non deve inficiare la possibilità di condurre una vita normale e fondamentalmente autonoma. A questo punto, però, se siamo consapevoli che un rallentamento c’è, possiamo fare qualcosa per… rallentarlo?

Per fortuna la risposta è si!

La Stimolazione Cognitiva

Già dagli anni ‘60 negli Stati Uniti (Tolbee e Folsom) sono stati codificati protocolli di stimolazione cognitiva dedicati a pazienti con deterioramento cognitivo (patologico). Successivamente, questi sono stati sviluppati ed adattati alla stimolazione di soggetti con un rallentamento cognitivo normale.

Oggigiorno, la stimolazione cognitiva e largamente riconosciuta come una pratica efficacie e consigliata per preservare il funzionamento anche di quei soggetti che rientrano in un quadro di normalità e che hanno d’altra parte raggiunto un’età anagrafica in cui ci si aspetta un calo dello stesso. Infatti, la logica è quella di agire il prima possibile, prima ancora che il calo si manifesti e questo perché ormai sappiamo che le funzioni cognitive rispondono molto bene alla stimolazione. Come a dire che più le mettiamo al lavoro più restano in forma.

D’altronde, la stimolazione cognitiva è anche piuttosto specifica. Sono infatti stati sviluppati protocolli dedicati alle singole funzioni in modo da poterle stimolare in maniera mirata.

Memoria, linguaggio, attenzione spaziale, orientamento e programmazione possono essere stimolate con esercizi adeguati che agiscono sulle capacità residue dell’individuo con l’obiettivo di preservarle e se possibile potenziarle.

Pertanto, negli anni, è stato coniato un motto che meglio di tutti sottende l’importanza della Stimolazione Cognitiva: use it or loose it. Ovvero usala, o rischierai di perderla!

Ebbene, questa esortazione fa leva sul concetto di base del buon funzionamento della nostra mente e delle sue funzioni. Cioè, che l’uso e la stimolazione delle stesse le mantengono in salute e in buono stato più a lungo e ne prevengono il deterioramento.

Inoltre, alcuni di questi protocolli come per esempio la scrittura terapeutica riescono a registrare un certo grado di miglioramento non solo a livello cognitivo ma anche emotivo e sociale. Infatti, i soggetti che prendono parte alle sessioni di scrittura terapeutica, svolgono un lavoro di lettura e ascolto in gruppo che coinvolge anche la loro socialità.

Pertanto, oltre a mostrare e potenziare abilità creative di componimento e linguistiche, rafforzano anche la loro autostima dovuta al rinforzo positivo ricevuto durante le sessioni dai loro pari o dai familiari. Infine, essa porta all’esplorazione e all’espressione di alcuni aspetti del mondo interiore dell’individuo che possono portare ad una migliore autoconsapevolezza, il tutto associato ad un senso di maggiore benessere.

LA SCRITTURA TERAPEUTICA NELLE PATOLOGIE NEURODEGENERATIVE

Se fino ad ora abbiamo parlato del rallentamento cognitivo fisiologico, cioè dovuto all’invecchiamento naturale dell’organismo, cosa possiamo dire degli effetti della Stimolazione Cognitiva in quadri patologici come quelli neurodegenerativi?

Un esempio ci viene da studi condotti su pazienti affetti da Parkinson che sono stati inclusi in programmi di Scrittura Terapeutica. I pazienti sottoposti a queste sessioni hanno mostrato punteggi significativamente migliori nei test che valutavano la memoria, confermando pertanto quanto la Stimolazione Cognitiva si mostri utile anche laddove è presente una patologia importante come il Parkinson.

Tuttavia, i soggetti riportavano punteggi migliori non solo in aspetti strettamente cognitivi. Anzi, gli sperimentatori hanno potuto verificare quanto i soggetti fossero migliorati anche nei punteggi relativi a stati psicologici quali ansia e depressione. Inoltre, gli stessi caregivers riferivano un effetto benefico sul loro carico emotivo. Pertanto, possiamo affermare che la stimolazione cognitiva porta a benefici che non si fermano al solo aspetto privato del soggetto partecipante, ma anche alla sua sfera sociale.

Questi dati, riguardanti la Scrittura Terapeutica, hanno d’altronde una certa consistenza con quelli raccolti in altri studi, effettuati sia su pazienti affetti da altre patologie sia su soggetti sani. In tutti i casi nominati, la Scrittura Terapeutica ha portato a significativi miglioramenti della sfera psicologica delle persone che ne avevano usufruito. Pertanto, possiamo concludere che le diverse ricerche svolte sull’argomento confortano sull’importanza di coinvolgere tutti i soggetti che ne potrebbero trarre giovamento in programmi di stimolazione cognitiva. Sia per i benefici che ne traggono in prima persona, sia per coloro che fanno parte della loro socialità come i caregivers.

SCRIVERE È RILEGGERE SÉ STESSI

Scrivere è un’attività intima, riflessiva, che ci permette di esplorare le nostre memorie e i nostri sentimenti in un contesto protetto. In questo senso, lo scrivere può assumere un valore in qualche modo catartico, capace di favorire la liberazione da esperienze traumatiche.

Cimentarsi nella scrittura equivale a compiere una sorta di viaggio interiore alla riscoperta delle proprie memorie e dei sentimenti ad essi associati.

É risaputo, alcuni eventi della nostra vita lasciano un segno dentro di noi che pare debba essere indelebile. Quando, poi, si tratta di eventi negativi questi episodi possono lasciare vere e proprie cicatrici emotive, responsabili a loro volta di possibili blocchi interiori. Per risolvere, o quanto meno rendere più accettabili questi ricordi è necessario affrontare un percorso nel tentativo di rielaborare quanto abbiamo vissuto. Non a caso, anche nei contesti psicoterapeutici più strutturati, si utilizza frequentemente la scrittura per consentire, al paziente e al terapeuta, di accedere ed esplorare insieme tali ricordi.

La scrittura ci permette di raggiungere il nostro inconscio, il luogo segreto in cui è situata la nostra memoria involontaria, quella che soggiace sotto il livello di coscienza a cui attingiamo quotidianamente. É proprio in questa sorta di profondità interiore che si celano quelle memorie che pensiamo siano sedimentate e lontane ma che, in realtà, riescono a condizionare attivamente la nostra vita e le nostre relazioni. Pertanto, accorciare la distanza che esiste tra il nostro io interiore e le nostre memorie più profonde appare chiaramente uno degli obiettivi che la Scrittura Terapeutica può perseguire. Solo ripercorrendo questo sentiero interiore e rielaborando le memorie lontane, a volte irrisolte, possiamo accoglierle dentro di noi con una maggiore consapevolezza e, finalmente,  accettarle.

Riuscire in questo processo di rilettura di sé stessi restituisce un senso di maggiore serenità, di pace, di soluzione di un blocco che, magari, portavamo dentro da molti anni se non, coma talvolta accade, da sempre.

I benefici che si possono trarre dalla Scrittura come strumento terapeutico non riguardano, tuttavia, strettamente solo la dimensione psicologica dell’individuo: alcune ricerche hanno, infatti, evidenziato come portare un “peso interiore”, inteso come un sentito irrisolto che condiziona la nostra vita, possa avere ricadute negative anche sulla salute fisica. Si, perché secondo tali studi mantenere questi stati interiori irrisolti senza poterli, in qualche modo, esternare sarebbe capace di generare un carico di stress tale da interferire con la salute del sistema nervoso e, persino, del sistema immunitario.

Un livello di ansia e stress prolungato, se non addirittura cronico, richiede un’attivazione ugualmente continua del sistema che regola i livelli di cortisolo, normalmente stimolato in maniera intensa solo da situazioni di stress specifiche quali le emergenze o i compiti più complessi.

La presenza di un blocco emotivo o psicologico legato ad eventi passati può, analogamente, creare le condizioni per una situazione di stress protratta producendo conseguenze negative a cascata anche sulla fisiologia dell’organismo.

Al contempo, le più recenti evidenze scientifiche hanno anche dimostrato come ansia e stress possano diminuire drasticamente quando diventa possibile esprimerli a parole, soprattutto attraverso il processo di scrittura.

Un foglio di carta e una penna, pertanto, rappresentano una vera opportunità per poter esplicitare e liberare tutte queste memorie, rendendo la Scrittura Terapeutica un mezzo prezioso da utilizzare per la persona che vi si cimenta.

In questo senso, secco che diventa fondamentale strutturare questo percorso individuando momenti fissi durante la giornata in cui intraprendere vere e proprie sessioni di scrittura: facendola diventare un esercizio il più possibile quotidiano se ne potranno, infatti, massimizzare i benefici, migliorando al contempo la salute di mente e corpo.

L’ANZIANO E LA SCRITTURA

Scrivere, soprattutto per un anziano, potrebbe rivelarsi un esercizio faticoso o addirittura poco familiare e inusuale, persa magari nel tempo dopo il pensionamento. Si tratta di un’azione che richiede sicuramente un certo impegno per far fronte allo sforzo meccanico necessario ad impugnare una penna, esigendo anche una certa dimestichezza o destrezza nel digitare su una tastiera. Attraverso alcuni semplici espedienti, tuttavia, possono essere messe in atto strategie capaci di facilitare questi compiti ed incentivare verso la scrittura, quale abitudine regolare e terapeutica.

È, ad esempio, possibile fornire all’anziano strumenti di più semplice utilizzo come penne dalla scrittura particolarmente scorrevole, con impugnature ergonomiche che garantiscono una presa più confortevole, nonché quaderni o fogli dalle righe ampie tali da poterlo guidare senza eccessiva rigidità in una calligrafia distesa e fluida.

Inoltre, in caso di supporti elettronici che comprendano l’uso di una tastiera, è anche possibile valutare l’intervento di un familiare quale supporto in questa esperienza, con un ruolo non solo di coadiuvante nella scrittura ma anche di vero e proprio trainer, almeno per le prime fasi.

D’altronde, anche per gli stessi congiunti si tratta di una preziosa opportunità di condivisione sia emotiva che potenzialmente terapeutica. Il familiare o il caregiver che assiste, nelle prima fasi, un anziano che si cimenta nella scrittura terapeutica può a sua volta beneficiarne sia nell’ascolto che nella rilettura.

Si tratta di opportunità preziose che rendono possibile la scrittura in tutti gli scenari, anche quelli che includono l’impossibilità fisica nell’ impugnare una penna o a digitare su una tastiera.

In questo scenario chi assiste lo scrittore potrà prendere sempre più confidenza e approfondire una conoscenza del familiare o del coniuge che, come spesso accade, non riesce sempre ad emergere nei suoi aspetti più intimi con i dialoghi quotidiani.

In un simile contesto il caregiver potrà aiutare l’anziano a creare un progetto creativo partendo dalle attività più semplici ed esplorando, man mano, possibilità più complesse di comunicazione e scrittura  aumentando anche la stimolazione cognitiva associata a questo atto terapeutico e, al contempo, intimo. Iniziando a cimentarsi in attività il più possibile familiari, come ad esempio può essere lo scrivere una lettera ad un proprio congiunto o la già più ricca narrazione di un episodio particolarmente vivido, si potrà proseguire verso attività più creative come la scrittura di poesie, racconti di fantasia od una narrazione romanzata della propria esistenza.

Scrivere è un’attività che non richiede pianificazione o investimenti onerosi: può essere svolta in ogni momento e in ogni contesto, percepito come confortevole dalla persona. Una penna e un taccuino possono seguire ovunque lo scrittore con l’immenso pregio di essere immediatamente accessibili, in qualsiasi situazione o contesto. A tutto ciò poi vanno ad aggiungersi  gli strumenti che, oggigiorno, la tecnologia mette a disposizione. Si tratta di opportunità preziose che rendono possibile la scrittura in tutti gli scenari, anche quelli che vedono includono l’impossibilità fisica nell’ impugnare una penna o a digitare su una tastiera. Attraverso la sintesi vocale, la lettura del labiale o, ancora, attraverso speciali penne che consentono di scrivere su tablet usando la bocca ecco che la scrittura, quale atto terapeutico e creativo, può concretamente diventare accessibile e raggiungibile per tutti.

Fonti di riferimento

Mugerwa S, Holden JD. Writing therapy: a new tool for general practice? Br J Gen Pract. 2012 Dec; 62(605): 661–663. doi: 10.3399/bjgp12X659457

Cash TV, Lageman SK. Randomized controlled expressive writing pilot in individuals with Parkinson’s disease and their caregivers BMC Psychology (2015) 3:44 DOI 10.1186/s40359-015-0101-4

Ruini C, Mortara CC. Writing Technique Across Psychotherapies—From Traditional Expressive Writing to New Positive Psychology Interventions: A Narrative Review. Journal of Contemporary Psychotherapy (2022) 52:23–34 https://doi.org/10.1007/s10879-021-09520-9