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STIAMO DIVENTANDO TUTTI SCEMI?

Dipendenza da WhatsApp e social media addiction: effetti sulle prestazioni scolastiche e lavorative.

L’affermazione sembra di quelle forti. Ma chi, dopo l’impatto iniziale, non si è in realtà fermato a pensare che, tutto sommato, probabilmente le cose ci stanno sfuggendo di mano?
Fanno parte della nostra quotidianità, e non solo per le attività di svago e socializzazione. Oggi, molto di quello che appartiene alle nostre dinamiche di vita, lavorative e sociali, passano proprio attraverso community virtuali, chat private e salotti digitali. Ma come ci si può muovere in questo territorio sconfinato senza perdere l’orientamento?

I SOCIAL NETWORK OGGI

I Social Network sono ormai diventati letteralmente parte delle nostre vite. Su di essi quasi ognuno di noi conta per rimanere in contatto con colleghi, collaboratori, parenti e amici. Inoltre, essi ci ricordano date e appuntamenti, ci permettono di condividere notizie, eventi, ricordi e immortalare momenti sia a parole che attraverso immagini.

I Social hanno ormai assunto un ruolo di primaria importanza nella nostra società e difficilmente sarebbe possibile rinunciare ad essi in blocco, a meno di non pagarne in qualche modo uno scotto. Si pensi a quanta parte dell’organizzazione tra il personale di un’azienda, o più semplicemente tra un gruppo di amici, passi attraverso di essi. Se questi mezzi venissero meno all’improvviso ci si ritroverebbe ad aver a che fare con un netto rallentamento delle informazioni. È, infatti, facile immaginare quanto sarebbe inevitabilmente più lento far passare un messaggio tra dieci persone utilizzando, per esempio, il telefono e dovendole chiamare una ad una, piuttosto che farlo scrivendo un unico messaggio in un gruppo WhatsApp che le include tutte. Quindi, da una parte, non possiamo fare a meno di sottolineare l’importanza che un utilizzo consapevole dei Social abbia nell’economia delle nostre giornate, da un punto di vista sia lavorativo che relazionale. Dall’altra, però, come spesso accade uno strumento che di per sé non è né buono né cattivo può rivelarsi insidioso, specialmente se utilizzato senza la giusta attenzione.

Se non possiamo ignorarne l’utilità, è anche vero che non possiamo non riconoscere che essi necessitino di qualche precauzione d’utilizzo, specialmente per quel che riguarda gli utenti più giovani.

I social possono facilmente trasformarsi in un’arma a doppio taglio se utilizzati in modo non adeguatamente consapevole. Prova ne sono i molti casi di dipendenza, documentati sia tra le fasce della popolazione più giovane sia tra gli adulti, che possono facilmente finire intrappolati, è proprio il caso di dirlo, nella… rete.

IL MECCANISMO DEL RINFORZO POSITIVO

Già agli albori dello studio della Psicologia diversi esperimenti avevano messo in luce un meccanismo, all’apparenza quasi banale, che però sembrava avere la forza di regolare il comportamento degli individui. Si tratta del condizionamento (Skinner, 1938). Per la verità, la maggior parte dei primi studi in proposito vennero condotti sugli animali ma, successivamente, si è potuto dimostrare come questo meccanismo fosse estremamente efficace anche nell’uomo.

Il paradigma è assai semplice: se io premio (rinforzo positivamente) una determinata azione compiuta da un individuo, questi tenderà a reiterare quell’azione perché avrà appreso che da essa riceve una ricompensa ogni volta che la compie.

Tale meccanismo è così efficace e riconosciuto che, a tutt’oggi, è anche alla base di molti processi di addestramento animale. La sua validità, tuttavia, si osserva anche sul comportamento umano.

Del resto è facile intuirlo: se ogni volta che abbiamo compiuto una determinata azione ne abbiamo ricavato un senso di soddisfazione e appagamento, saremo chiaramente più portati a ripeterla in futuro. Potremmo pensare ad esempio ad un certo modo di parlare, di vestire o di approcciarci agli  interlocutori che ci ha permesso in passato di ottenere un vantaggio. Di certo, se sappiamo che un certo pattern di comportamento ci permette di ottenere benefici lavorativi o sociali, cercheremo di replicarlo in altre occasioni simili.

Tuttavia, il rinforzo positivo non gioca un ruolo solo nel raggiungere obbiettivi così razionali perché, come detto, esso è qualcosa che ha che fare con il nostro senso di ricompensa, di soddisfazione, o più semplicemente dal senso di appagamento che traiamo dopo aver compiuto una determinata azione.

Per chiarire, torniamo al paradigma dell’addestramento animale. Nel caso di un cane, per esempio, possiamo utilizzare il meccanismo di ricompensa (attraverso cibo o giocattolo) quando l’animale compie l’azione richiesta e che vogliamo rinforzare. Tuttavia, questi non reitererà quell’azione perché l’ha portato ad avere successo nel training ma, piuttosto, la ripeterà perché avrà appreso che, così facendo, potrà ricevere il suo premio. Rinforzando ogni volta tale azione, quindi, l’animale finirà per associarla sempre di più al premio e la interiorizzerà, facendola diventare parte del suo comportamento stabile.  E se pensiamo che, per noi homo sapiens, tutto questo sia diverso beh, ci sbagliamo di grosso.

Ecco allora che si apre un’altra prospettiva: il rinforzo positivo potrebbe portarci sulla strada opposta del successo e del vantaggio, potrebbe portarci a rincorrere soddisfazioni effimere e a volte anche nocive, che magari ci svantaggiano o alla lunga ci danneggiano. La soddisfazione di un bisogno, infatti, è un qualcosa che ha a che fare con il nostro lato emotivo, istintivo, piuttosto che con quello razionale. Prendiamo ad esempio chi fuma: generalmente è ben conscio di come non si tratti di una pratica salutare, ma la soddisfazione di placare quel bisogno spinge un fumatore a reiterare un comportamento che comunque ben comprende essere dannoso.

Gli esempi di questo tipo di comportamento sono molteplici: dal fumo all’alcool, dal consumare cibi e bevande poco sane al gioco d’azzardo fino all’utilizzo smodato di alcuni strumenti come i social, per soddisfare il bisogno di essere apprezzati o, a volte, semplicemente ascoltati.

I Social Network per alcuni individui sono un vero rifugio, un luogo virtuale in cui vivere quasi una seconda vita, in cui ricevere quell’appagamento che non si riesce ad ottenere nella quotidianità. (vedi: Opportunità, limiti e criticità dei social network. https://boa.unimib.it/handle/10281/218411)

LA SOLUZIONE PUÒ ESSERE CHIUDERE I SOCIAL?

A parte l’eventuale fattibilità di un’azione così drastica, ci sarebbe il problema di trovarsi all’improvviso senza un metodo di comunicazione che, come abbiamo visto prima, si è rivelato essere molto efficacie ed utile in tante occasioni per gli stessi utenti.

Inoltre, eliminare i Social Network significherebbe anche privarsi di una risorsa di informazione importante. Prendiamo le notizie, ad esempio: oggi, molto spesso, prima ancora che sui giornali passano dai profili social delle agenzie di stampa e vengono condivise, da diverse testate e migliaia di utenti, attraverso una catena di collegamenti molto più rapida ed efficace di quella che utilizza l’informazione classica.

Pertanto, quello che realmente è necessario fare è dare la giusta attenzione e peso ai meccanismi di ricerca di ricompensa intrinsechi nella interazione con i social media, poiché potrebbero rivelarsi insidiosi soprattutto ignorandone l’esistenza.

I SOCIAL NETWORK NEL RENDIMENTO SCOLASTICO O LAVORATIVO

Quasi quotidianamente leggiamo, sui mezzi di informazione, di quanti e quali rischi possano essere correlati all’utilizzo smodato dei Social Network da parte delle fasce di popolazione più giovane. Tra le molte variabili, a preoccupare c’è senz’altro quella del rendimento scolastico e lavorativo, in cui i Social Networks vengono indicati come possibili mezzi di distrazione rispetto agli impegni quotidiani.

Inoltre si paventa il rischio che, un utilizzo smodato degli stessi, possa nuocere ai più giovani anche a livello psicologico, in un’età per altro in cui la personalità si sta ancora formando e si potrebbe essere meno resistenti alla tentazione di ricercare nei Social quel senso di appagamento e soddisfazione di cui abbiamo parlato.

Indubbiamente si tratta di rischi concreti. Diversi studi hanno, per esempio, esplorato come gli adolescenti possano utilizzare i Social per costruire la propria immagine di e come questo possa portare ad un aumento dei disturbi riguardanti il dismorfismo corporeo (percezione errata del proprio corpo) (https://www.torrossa.com/it/resources/an/5378298).

Per contro, altri studi hanno messo in evidenza come un uso consapevole di questi strumenti possa rivelarsi addirittura utili nel migliorare il rendimento scolastico: come dicevamo, infatti, i Social rappresentano anche una grande opportunità per reperire velocemente informazioni e confrontarsi con i pari. In particolare, uno studio pubblicato nel 2017 (Badri et al.) ha esaminato come l’introduzione dell’uso dei Social in progetti scolastici, se supervisionato dagli insegnanti, abbia permesso di migliorare le capacità di lettura e di circolazione di idee ed informazioni tra gli studenti coinvolti.

La preoccupazione giustamente rimane, anche perché i Social spesso si rivelano essere luoghi in cui il controllo di genitori e tutori si fa più arduo, specialmente se non si riesce a padroneggiare correttamente il mezzo.

A tal proposito è interessante esaminare i dati riportati da uno studio pubblicato sul The Turkish Online Journal of Educational Technology nel 2012, che ha analizzato la dipendenza da Social di un consistente campione di soggetti selezionato tra i candidati all’insegnamento. I ricercatori hanno dimostrato come, persone sicuramente adulte e dal buon livello di istruzione, dotate in teoria di sufficienti strumenti culturali per conoscere i Social e adoperarli con il giusto approccio, abbiano dimostrato di non essere immuni all’effetto dipendenza da Social. Certo, non tutti i soggetti ne erano colpiti, tuttavia anche tra di essi il fenomeno esisteva. Non è quindi impensabile che tale dipendenza potrebbe ripercuotersi sul rendimento lavorativo di persone anche adulte che sviluppano una dipendenza verso i social, inficiando le loro prestazioni quotidiane.

Pertanto, è importante sottolineare come l’attenzione rispetto all’abuso che le persone possono fare di questi strumenti, che comunque ormai sono parte integrante della nostra società, debba essere esteso a tutte le fasce di popolazione. Sia i giovani che gli adulti e anche tra chi ha un buon livello di istruzione, pur non scordando che come tutti gli strumenti anche i social non vanno demonizzati ma certamente vanno usati con la giusta consapevolezza.

EDUCARE ALL’USO DEI SOCIAL NETWORK

Come poter, allora, aumentare questa consapevolezza e permettere alle persone di fruire di tutti i vantaggi di cui i Social sono portatori, senza rischiare di rimanerne invischiati? E come poter proteggere i più giovani, quando incarniamo anche il ruolo di caregiver?

La risposta è una soltanto: occorre educarci al loro utilizzo.

Dobbiamo, cioè, prima di tutto considerare che questi mezzi sono essenzialmente strumenti nuovi, che ci hanno catapultati come società in una dimensione interconnessa che era impensabile fino a pochi decenni fa. Pertanto, se da una parte ci si sono aperte prospettive incredibili in termini di velocità delle informazioni e scambio di idee e conoscenze, dall’altra tanta potenzialità potrebbe non farci percepire i reali limiti di questa nuova realtà.

Inoltre, un altro aspetto importante riguarda il controllo che manteniamo delle informazioni che condividiamo su internet. Per esempio, postare una propria foto su un qualsiasi Social è un’azione che in molti compiono con estrema leggerezza, come fosse ormai la cosa più normale del mondo. Tuttavia, dal momento che questa finisce sulla rete diventa un’informazione fruibile da chiunque e, pertanto, su di essa perdiamo ogni tipo di controllo. Quanti la riposteranno, la condivideranno o la scaricheranno sui propri dispositivi, non siamo in grado di controllarlo. E così, un’informazione che ingenuamente pensavamo sarebbe rimasta nella cerchia di pochi amici, potrebbe diventare dominio di un pubblico molto più vasto di quanto avremmo desiderato.

Dobbiamo, quindi, educare la nostra società alla conoscenza approfondita di queste piattaforme. Non solo sapere come funzionino le interfacce e quali siano i meccanismi principali di funzionamento (i.e., post, tag, condivisioni), ma anche comprendere quali siano a livello più profondo le implicazioni relative al postare su di esse informazioni più o meno personali.

Dobbiamo, in primis, aumentare la nostra Competenza Digitale (Calvani et al., 2010), per avere chiari quali siano rischi e opportunità legate ai Social. In questo senso, allora, possiamo individuare quattro competenze su cui puntare: quella tecnologica, quella cognitiva, quella etica e infine quella sociale (Ranieri e Manca, 2013).

Competenza tecnologica: riunisce di tutte le capacità tecniche che ci consentono un agile utilizzo della piattaforma Social e la conoscenza del linguaggio tipico di quello strumento.

Competenza cognitiva: concerne l’efficacia di trovare fonti di informazioni e valutarne l’affidabilità, oltre che la capacità di utilizzare queste informazioni per creare contenuti nuovi.

Competenza etica: riguarda la personale resilienza nel tutelare sé stessi e la propria privacy, ma anche la capacità di comportarsi adeguatamente nel rispetto altrui e della piattaforma stessa, utilizzandola per scopi che siano ritenuti eticamente rilevanti.

Competenza sociale: concerne la capacità di comunicare “educatamente” secondo il codice della netiquette (una sorta di codice di comportamento che può essere più o meno esplicitato e che è parte integrante della comunicazione su internet) e di riuscire a collaborare con altri utenti su argomenti di interesse comune, attraverso gli strumenti che i social mettono a disposizione.

Tutte queste conoscenze sono in grado di aumentare la nostra consapevolezza nell’uso dei social e ci permettono di conoscerne i meccanismi non solo tecnici ma anche relazionali, che poi sono forse i più importanti. Pertanto, avere chiare quali siano le aree sulle quali concentrarsi ci consente di avere un primo ma fondamentale punto di riferimento sul quale costruire nuove competenze e al contempo approcciare questi strumenti sapendo che essi devono rimanere mezzi al nostro servizio e non viceversa.

Infine, se si è genitori o tutori di minori, sviluppare queste abilità permetterà di riuscire a svolgere più efficacemente il ruolo di supervisione, consentendo di avere la capacità di guidare il minore attraverso le possibili insidie senza, però, demonizzare la piattaforma o vietarne l’uso. Infatti, decisioni così restrittive rischierebbero di non venire capite da colui che vogliamo proteggere perché potrebbero essere vissute solo come misure punitive. Potrebbero addirittura nascondere, in modo controproducente, un verosimile imbarazzo dovuto al trovarsi di fronte ad un mezzo che non si conosce e che per questo viene proibito. In quest’ultimo caso, la conoscenza invece consentirà di poter accompagnare chi si assiste, fornendo i giusti strumenti per evitare le insidie che, inevitabilmente, si potrebbero incontrare.

Prof. Sergio De Filippis
Prof. Sergio De Filippis

Psichiatra, Psicoterapeuta

I giovani di età compresa tra 10 e 19 anni costituiscono il 16% della popolazione mondiale. Si tratta di una fascia di età preziosa che si caratterizza, tuttavia, per condizioni psicologiche di maggiore irritabilità, disattenzione, comportamento di attaccamento, frequenti disturbi del sonno, incubi, scarso appetito, agitazione, disattenzione e ansia da separazione.

L’aumento dell’utilizzo di Internet e dei social media da parte dei ragazzi li ha predisposti ad utilizzare la rete in modo spesso compulsivo, ad accedere a contenuti discutibili che ne aumentano la vulnerabilità, e li espongono ad atti di bullismo o abusi. Lo smartphone è diventato una parte essenziale della loro vita quotidiana e alcuni ragazzi sviluppano un tale attaccamento al proprio dispositivo da provare ansia da separazione, quando non è con loro, creando una vera e propria dipendenza.

“Provo a ridurre il tempo di utilizzo del mio smartphone, ma non ci riesco”– racconta Luca, 15 anni.

Ma allora, i social media sono buoni… o cattivi?

Gli adolescenti che considerano vantaggiosi i social media hanno affermato che consentono loro di connettersi con gli amici, imparare cose nuove e incontrare persone con interessi simili. Secondo coloro che ritengono che le ripercussioni siano gravi, i social media aumentano la probabilità di bullismo,  trascurare gli incontri faccia a faccia e acquisire ipotesi errate sulla vita di altre persone.

L’essere oggetto di bullismo online è, invece, spesso associata ad un aumento dei tassi di autolesionismo, pensieri suicidi e altri problemi di salute mentale.

L’effetto dei social media sulla qualità del sonno continua ad essere un fattore di rischio significativo per futuri problemi di salute mentale nei giovani, rendendolo un argomento cruciale per lo studio continuo.

Sebbene la maggior parte del dibattito su giovani e nuovi media si sia concentrato su possibili problemi, ora ci sono più possibilità che mai di sostenere la salute mentale degli adolescenti grazie alle caratteristiche distintive dell’ecosistema dei social media. La connessione sociale è uno dei vantaggi più noti dei social media, con l’81% degli studenti che afferma che aumenta il senso di connessione con i propri coetanei.

Grazie ai social media, esiste un potenziale senza precedenti per aumentare la consapevolezza sui problemi di salute mentale.

L’utilizzo della tecnologia digitale non danneggerà l’adolescente medio, ma ciò non significa che non esistano circostanze con conseguenze negative e gravi Le politiche che limitano l’accesso degli adolescenti alle nuove tecnologie possono essere inutili se questi strumenti sono essenziali per stimolare il contatto sociale o sviluppare competenze digitali e relazionali. In termini di salute, è molto importante raggiungere i giovani durante le crisi e quando è necessario aiuto. L’accesso a una varietà di amicizie e servizi può, pertanto, aumentare senza dubbio il benessere degli adolescenti.

Occorrono tuttavia alcune raccomandazioni…

In tempi di grande stress e incertezza, un ambiente familiare sicuro è un forte fattore protettivo. Si raccomanda allora di negoziare con gli adolescenti per limitare il loro tempo e le attività basate su Internet. In tali condizioni, intraprendere attività creative come l’arte, la musica, la danza e altre può aiutare a gestire la salute mentale e il benessere di tutti. I genitori dovrebbero incoraggiare gli adolescenti introversi a tenersi in contatto con i loro coetanei, comunicando con loro i propri sentimenti e problemi comuni che devono affrontare: questo può anche aprire una via per una corretta risoluzione dei problemi. Gli adolescenti, inoltre, esprimono continuamente in rete la frustrazione per la supposizione fatta dagli adulti di essere irresponsabili, riguardo alle informazioni e ai contenuti che condividono su questi siti.

In conclusione,  nonostante le implicazioni negative dei social media e la necessità di una certa cautela, i social media possono avere un ruolo da svolgere nella promozione della salute mentale. A condizione che le organizzazioni sanitarie/educative che sviluppano gli strumenti tengano conto delle possibili sfide delineate e che le scuole riconoscano il valore di supportare i giovani nell’uso dei social media, si tratta probabilmente di un modo economicamente vantaggioso, rapido ed efficiente per raggiungere un gran numero di adolescenti.

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