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DAD: LA VOCE DELLA SCUOLA

INTERVISTA A MARIA GRAZIA ATTANASI

Dirigente scolastico presso il Liceo Scientifico e Linguistico G.C. Vanini di Casarano (Lecce).

La scuola continua a vivere, dopo due anni di pandemia, come tutto il Paese, un’esperienza drammatica e unica, dimostrando ogni giorno però, pur tra mille difficoltà, problematiche irrisolte e incertezze, di saper trovare al suo interno strumenti, risorse, capacità per portare avanti la propria missione con coraggio e determinazione. Una missione che, a causa della situazione straordinaria, si è arricchita di ulteriori valenze, in quanto si è posta come garante, non solo dell’educazione dei cittadini, ma anche della stessa coesione sociale e della capacità di tenuta del Paese. I dirigenti scolastici e tutte le professionalità della scuola, a diverso titolo coinvolte da due anni a questa parte nella lotta contro il diffondersi dell’epidemia, sono stati messi a dura prova dalla situazione pandemica che ha avuto come riscontro quello di fare emergere tante criticità ma anche importanti punti di forza. Si è vista in campo, una scuola diversamente attiva” e impegnata nel garantire il diritto allo studio dapprima totalmente a distanza (DAD), poi adottando un sistema misto di didattica integrata (DID) ed infine in presenza e in sicurezza.

È una scuola che si è distinta per il lavoro di tutto il personale impegnato al fianco dei dirigenti scolastici nell’affrontare la sfida rivoluzionaria della DAD partendo dalle risorse umane, strumentali ed economiche disponibili, confrontandosi quindi con differenti realtà strutturali, sociali ed economiche, conseguendo risultati certamente non omogenei che, tuttavia, hanno notevolmente contribuito a dare risposte concrete ai bisogni formativi di alunni e studenti che diversamente sarebbero rimasti inappagati. La scuola dell’emergenza ha vissuto il suo anno zero brutalmente apertosi alla fine di febbraio ed inizio marzo del 2019, periodo di totale lockdown e chiusura delle scuole: uno tsunami che ha completamente cambiato il mondo delle istituzioni scolastiche le quali hanno dovuto adottare massivamente la tecnologia per sopravvivere rivoluzionando le metodologie didattiche, ridefinendo i ruoli del personale, le forme di relazione e di comunicazione da intessere con studenti e famiglie, con enti locali e agenzie territoriali, adottando nuovi modelli organizzativo-gestionali quali quelli dello smart working per gli uffici amministrativi.

Il Dirigente scolastico, come Giano bifronte, Dio degli inizi materiali e immateriali, dio del passaggio, ha dovuto, con strumenti del passato, riformare il futuro mettendo in atto strategie complesse per l’attuazione dell’e-government della scuola, ossia l’applicazione concreta delle più moderne tecnologie per sostenere il lavoro dei docenti, per migliorare l’apprendimento da parte degli studenti e per gestire gli aspetti amministrativi dell’organizzazione scolastica. Ha dovuto creare le condizioni per garantire la sicurezza, la fruibilità̀ e la flessibilità̀ degli spazi di apprendimento all’interno degli edifici scolastici per studenti e operatori, considerando sia quelle per l’immediata ripartenza, sia quelle di futura fattibilità̀ e adattabilità̀ degli edifici stessi, prevedendo anche adattamenti organizzativi periodici, differenziati, per fronteggiare eventuali nuove insorgenze epidemiologiche. Si è prodigato per il potenziamento delle infrastrutture di rete e delle strumentazioni digitali per garantire lo svolgimento di attività̀ in modalità̀ sincrona e asincrona intercettando finanziamenti mirati finalizzati a dotare di device tecnologici la propria scuola, si è occupato dell’incremento degli organici per garantire insegnamenti differenziati e personalizzati. Ha dovuto progettare ed attuare un adeguato piano di formazione di tutti i docenti per la crescita di competenze nell’utilizzo della tecnologia e della didattica, ha dovuto costantemente revisionare e rimodulare l’orario dei docenti e delle classi, snellire curricoli ordinamentali, revisionare il sistema di valutazione degli alunni che integrasse i voti in decimi con i livelli di competenze acquisite in DAD o in DDI tenendo conto di dimensioni valutative mai prese in considerazione. Ha dovuto gestite complesse situazioni di contenzioso del personale no vax, di controllo del green pass, star dietro ad una marea di monitoraggi sulla situazione pandemica, sull’obbligo vaccinale e tanto altro.

Oggi, con gli studenti in presenza (o quasi) altissima è l’attenzione sulla sicurezza sanitaria, sette giorni su sette (domeniche e giorni festivi inclusi) per garantire le azioni utili e necessarie alla prevenzione, al controllo e al contenimento della diffusione del virus. La scuola supplisce in servizi di tracing, di controllo di migliaia di referti, di minuziose raccolte di informazioni e di comunicazioni alle e dalle famiglie di competenza delle ASL. Alla scuola è stata delegata anche una parte del lavoro spettante ad altri settori della PA. L’Associazione Nazionale Dirigenti scolastici, in collaborazione con ONSBI, nel 2018, ossia in periodo pre-pandemico, pubblicava i dati molto allarmanti del livello di stress lavoro correlato della categoria dei Dirigenti scolastici denunciando la sproporzione tra l’elevato carico di responsabilità in loro capo e l’inadeguatezza degli strumenti a disposizione. Ora c’è da chiedersi quale sarebbe il grado di burn out nel periodo pandemico che stiamo vivendo. Le energie dei dirigenti scolastici ma anche quelle di tante figure della scuola (collaboratori della dirigenza, referenti Covid, Dsga ecc.) si stanno esaurendo a causa di provvedimenti di urgenza farraginosi e burocraticamente complessi susseguentesi con una tale frequenza da indurre non solo la governance scolastica a mettere in atto prontamente azioni organizzative utili a mitigare quanto più possibile i rischi della pandemia ma anche a dare risposte immediate ed adeguate alla domanda.

Purtroppo questo “lavoro di trincea” imposto ai dirigenti in primis e a seguire a tutte le professionalità della scuola, con un carico non indifferente, con tempi e impegni professionali mai richiesti prima, non è riconosciuto nell’attuale strumento contrattuale, né tantomeno compreso a livello sociale, eppure si affronta l’emergenza sanitaria e si trovano – con una visione di squadra – le soluzioni alle improvvise criticità organizzative. Tutto questo potrebbe distogliere risorse alla qualità della didattica e all’efficiente organizzazione dell’istituzione scolastica, e per molte scuole la gestione pandemica è divenuta purtroppo una delle principali priorità a scapito di tutto il resto. Se in alcune istituzioni questo non avviene e gli standard di qualità rimangono alti, lo si deve agli altissimi livelli di responsabilità percepita e al carico di lavoro dei dirigenti scolastici e degli operatori della scuola in generale. E’ un’imponente impegno emergenziale ai margini dell’attenzione delle forze politiche, delle organizzazioni sindacali e delle associazioni di categoria. Senza questo silenzioso, titanico sforzo delle professionalità espresse dai lavoratori della scuola non sarebbe stato possibile garantire il ritorno in presenza e tutelare alunni e personale con le condizioni di minimo rischio possibile. La status lavorativo dei dirigenti scolastici, direttori amministrativi, referenti Covid, docenti e operatori della scuola è ormai intollerabile poiché non si riconosce il valore e il merito professionale di quanti hanno accettato di lavorare anche per la “scuola diversamente attiva”. L’indifferenza o la pretesa che il fare scuola in queste condizioni sia divenuto normalità umilia la dignità professionale e il senso del dovere di migliaia di donne e uomini.

È stato provato, da una serie di dati raccolti ed interpretati in studi autorevoli, quanto la DAD, sia stata utile ma nello stesso tempo abbia evidenziato fortissimi limiti pedagogici, psicologici, epistemologici, metodologici e didattici. Tra i tanti problemi riscontrati, vi è stato quello della difficoltà di separazione tra vita privata e professionale dei docenti, questo almeno nella primissima fase emergenziale della gestione pandemica, prima della pubblicazione di regolamenti e protocolli. La stessa realtà è emersa, d’altronde, nella gestione dello smart working che ha coinvolto il settore amministrativo della scuola. La problematica è tanto complessa e delicata che ha richiesto uno sforzo congiunto tra Ministero dell’Istruzione e Garante della Privacy al fine di dare indicazioni precise per supportare le scuole nella gestione dei dati personali e tutela della privacy individuando profili di responsabilità dei particolari attori e le misure organizzative da adottare tenendo conto delle stringenti prescrizioni del Regolamento europeo (UE) 2016/679. La didattica a distanza ha cambiato radicalmente le relazioni tra scuola e famiglia in un ambiente di apprendimento fortemente mutato sia perché la scuola è entrata in casa sia per l’utilizzo degli strumenti tecnologici.

La scuola a distanza ha portato un carico di lavoro enorme ricadente sulle spalle dei docenti, con tempi di lavoro notevolmente dilatati rispetto alla didattica in presenza. Le statistiche ufficiali evidenziano un uso del tempo di lavoro raddoppiato o addirittura triplicato, con il venir meno dell’orario di servizio e molte ore passate al computer. Per i docenti le giornate della scuola a distanza sono trascorse tra la programmazione della didattica, la preparazione dei materiali, la correzione dei compiti, tutto gravato dai tanti adempimenti burocratici. L’enorme carico di lavoro ha comportato una dilatazione delle attività nel tempo della vita privata, con la conseguente difficoltà di conciliare i tempi di lavoro con le esigenze familiari. Le tante ore passate al pc hanno provocato una fatica non solo fisica ma anche psicologica.  Il problema che qui si pone però, ossia quello della necessità di accorciare le distanze tra docente e discente e se la DAD lo possa fare meglio della scuola in presenza, non può essere approcciato in termini quantitativi ma solo dal punto di vista della qualità della relazione tra docente e studente. Infatti, in termini generali, un buon docente è rimasto tale anche in DAD, come un docente scarso non è certo migliorato per aver trascorso molto più tempo in touch con la classe. Certamente l’utilizzo dei vari mezzi di contatto, anche informali come WhatsApp, ha permesso di avvicinare molto le sfere, prima separate, del docente/studente e persona, questo con risvolti a volte positivi, altre volte al limite del consentito. Quest’ultimo aspetto infatti ha richiesto un aggiornamento del Contratto collettivo nazionale 2016/18 relativo al comparto scuola, visto l’abuso di tali mezzi di comunicazione in ambito scolastico. Con il rinnovo del contratto, sono state introdotte, infatti, sanzioni per chi utilizza i social network e tutti i mezzi di comunicazione informatici per motivi che non rientrano nella sfera dell’istruzione, della formazione e dell’orientamento. Accorciare le distanze tra docente e studente è possibile e sempre auspicabile ma non dipende dal mezzo utilizzato ma dalla qualità della relazione e del processo di apprendimento/insegnamento attivato intrinsecamente collegato a fattori sociali e comportamentali dello sviluppo umano come cognizione, emozioni, motivazione, interazione sociale e comunicazione.

Preside, da un giorno all’altro abbiamo dovuto cambiare lavoro”, questo mi ha detto giorni fa una mia bravissima insegnante e ho letto nei suoi occhi, l’unica parte scoperta dal filtro imposto dalla mascherina, tante cose. Del livello di burn out accusato dai docenti in periodo di lockdown e poi con l’utilizzo della didattica mista e la difficilissima gestione di studenti dentro/fuori la scuola che continua ancora oggi, si è tanto parlato. Così come si sono sottolineate le difficoltà relative al travagliato rapporto tra scuola e famiglia. Quello che mi sembra di cogliere, però, soprattutto dalla parte della componente docente rispetto alle altre professionalità che la scuola esprime, è il desiderio di riflettere in maniera ampia sul senso dell’esperienza trasformativa vissuta dalla scuola e sul valore rappresentato dalla nuova professionalità̀ dei docenti esperti. Questo cambiamento, sebbene in consuntivo, estremamente positivo, ha fatto o sta facendo pagare un prezzo molto alto, quello delle malattie professionali correlate all’alta usura psico-fisica e patologie che ne derivano.

Il Ministero dell’Istruzione ha reso noto i primi dati di una rilevazione a livello nazionale che riguardano l’attivazione del supporto psicologico a scuola. Il 69% delle istituzioni scolastiche ha attivato il servizio, di queste 2.484 ha proseguito con le attività in precedenza programmate, mentre 3.178 ha attivato il servizio ex novo. A settembre 2021, infatti, il Ministero dell’Istruzione ha sottoscritto un protocollo con l’Ordine nazionale degli Psicologi. Il Protocollo ha l’obiettivo di fornire supporto psicologico a studenti e docenti per rispondere a traumi e disagi derivanti dall’emergenza COVID-19 e per fornire un aiuto nei casi di stress lavorativo, difficoltà relazionali, traumi psicologici e per prevenire l’insorgere di forme di disagio e/o malessere psico-fisico.

La figura dello psicologo scolastico, pur non essendo nuova nel contesto scolastico, ha sempre risposto però a logiche di progetto e non è una figura strutturale all’interno delle professionalità della scuola. Anche nella mia scuola, infatti, sfruttando i fondi ministeriali ed il supporto garantito dai servizi territoriali di zona, sono stati attivati sportelli di ascolto destinati a docenti e studenti. Ma le misure di emergenza non bastano. Bisogna ripensare, in termini strutturali, al “sistema ausilio” delle scuole per prevenire, educare alla salute e promuovere benessere formando gli esperti alle peculiarità del micro clima scuola e prevedendo nuove figure professionali operative nell’organico delle istituzioni. I docenti inoltre dovrebbero affinare sempre più la propria sensibilità e saper riconoscere, accogliere e gestire problematiche relative all’inclusione in senso lato. Su questo fronte si sta già lavorando con l’emanazione del Decreto del Ministro n. 188 del 21.06.2021 che delinea per l’anno scolastico 2021/22 un sistema formativo che garantisca una conoscenza di base relativa alle tematiche inclusive per il personale docente non specializzato su sostegno e impegnato nelle classi con alunni con disabilità. Una preparazione di base di questo tipo costituisce uno strumento di lavoro per rispondere a tutti gli alunni, in un’ottica di piena inclusione e a garanzia del principio di contitolarità nella presa in carico degli alunni in difficoltà.

Non ho mai provato paura, semmai sconforto e qualche volta solitudine nei momenti in cui le mie risposte sembravano inadeguate ai titanici compiti che dovevo affrontare.

Mi ha sostenuto sempre la comunità di pratiche che la scuola ha saputo costruire negli anni e che ha dato il massimo di sé stessa proprio nei momenti più difficili.

Ricordo di avere scattato un selfie con i miei collaboratori più stretti la sera del 5 marzo 2019 alla fine di una commissione per la valutazione di un bando di gara. Eravamo sorridenti, con gli scatoloni in mano nei quali erano riposti i documenti più urgenti da portare a casa e da utilizzare per smaltire un po’ di lavoro durante la pausa di chiusura delle scuole che credevamo potesse durare al massimo poche settimane. Il lockdown è durato un anno e tutto il resto è storia. Il sorriso catturato in quello scatto, però, c’è ancora anche se a volte è tinto di stanchezza. Riesco ad intuirlo attraverso gli occhi sopra le mascherine di tutti coloro che mi circondano. Il repentino cambiamento della pratica educativa non ha alterato, semmai ha reso ancor più̀ saliente, la principale sfida che la scuola si trova quotidianamente ad affrontare: far esercitare a tutti gli studenti il diritto all’educazione, indipendentemente dalle condizioni contingenti siano esse legate all’emergenza, a condizioni sociali, economiche, familiari di provenienza.

Non è semplice ripercorrere e sintetizzare andando a ritroso nella storia convulsa e frenetica degli ultimi due anni vissuti al Liceo Scientifico e Linguistico G.C. Vanini che ho l’onore e l’onere di dirigere. Quello che posso ricordare attraverso la lettura diacronica dell’enorme mole documentale prodotta che ha descritto i repentini processi rivoluzionari vissuti, è che la risposta della scuola alla chiusura è stata velocissima. Negli anni precedenti, sfruttando le potenzialità offerte dal Piano Nazionale Scuola Digitale, il liceo aveva investito molto in strutture tecnologiche e aveva pertanto gli strumenti materiali, anche se non metodologici, per affrontare la DAD. Nei giorni successivi alla chiusura, dopo l’incontro con le figure apicali dei dipartimenti disciplinari, Team digitale, RSPP, Dsga, collaboratori della dirigenza, funzioni strumentali, si è strutturato il complesso piano gestionale della DAD, si sono distribuiti in comodato d’uso centinaia di laptop e sim alle famiglie che erano in difficoltà. Si è avviata una prima esperienza formativa per i docenti al fine di apprendere le modalità di utilizzo della piattaforma Google – suite. A questo primissimo approccio formativo sono seguiti numerosissimi interventi relativi alla formazione sulle metodologie didattiche, sulle nuove forme di valutazione adeguate alla didattica a distanza, sulla gestione dei comportamenti, sulla netiquette necessaria per approcciarsi correttamente alle modalità del fare scuola con la tecnologia, sulle problematiche relative alla privacy e alla validità giuridica della conduzione on line degli organi collegiali e tanto altro.

A consuntivo, possiamo dire che l’esperienza lavorativa della scuola a distanza può essere vista come un processo trasformativo che ha investito la pratica professionale di tutte le componenti della scuola ed in particolare di coloro che la fanno in prima persona: gli insegnanti. Lo stravolgimento delle condizioni strutturali del fare scuola, l’esperienza di insegnamento a distanza ha attivato un processo di apprendimento e sviluppo professionale le cui ripercussioni sono andate ben oltre l’acquisizione di tecniche didattiche digitali e lo sviluppo professionale ha agito all’interno di una specie di modello ecologico, un movimento di autonomia verso nuove forme di relazionalità̀ e di collaborazione con colleghi, studenti e genitori. La sfida inedita posta dalla DAD ha sollecitato un confronto maggiore tra tutte le componenti della scuola e tra di esse e i portatori di interesse, studenti e genitori, una collaborazione mai sperimentata prima, ma anche una “cura” reciproca, nel cercare di superare insieme fatiche e incertezze.

Se provo a guardare indietro nel tempo, nel passato non troppo lontano, vedo un momento della storia dell’umanità straordinario, unico, si spera. E noi ne abbiamo fatto parte. Il nostro operato, come donne e uomini di scuola ha contribuito a tutelare il diritto costituzionalmente garantito all’istruzione per migliaia di studenti diversamente inaccessibile se non ci fosse stata la DAD, l’utilizzo della tecnologia e la straordinaria resilienza del personale della scuola. Sono stati tantissimi i momenti nei quali sono stata orgogliosa di fare parte di un’intera comunità educante spinta a navigare tenendo la barra dritta sui flutti in tempesta. Uno di questi momenti, quello più intenso, forse, è stato vissuto nel cogliere lo sguardo di Mahmood, un ragazzo diciassettenne extracomunitario con il desiderio di diventare medico, approdato nella mia scuola nel 2020, anno della speranza e della recrudescenza pandemica. Inserito nel corso internazionale Cambridge del Liceo Scientifico, il primo giorno di scuola gli veniva dato in dotazione un computer di nuova generazione, una pocket sim per la connessione e tutti i libri di testo. I suoi occhi esprimevano meraviglia e gratitudine per le possibilità mai sperate di poter frequentare un liceo italiano e costruire il suo futuro. Mahmood sarebbe diventato medico se la scuola, appena riaperta, non fosse stata di nuovo richiusa. La DAD ha spazzato via i suoi sogni e le sue prospettive, troppo alte le montagne da scalare dietro uno schermo piatto con uno svantaggio linguistico e sociale molto forte.

Servirebbero interventi di sistema che al contempo aggiornino lo sfondo normativo alle nuove esigenze e che eliminino le numerose incongruenze e contraddizioni, stratificatesi negli anni, che hanno impedito, di fatto, alla autonomia di svilupparsi appieno. Con riferimento ai piani di investimento strategici, penso al PNRR, tali interventi dovrebbero in primis riguardare le strutture scolastiche finalmente progettate e realizzate secondo i nuovi paradigmi pedagogici per garantire fruibilità̀ e flessibilità̀ degli spazi, oggi schiacciati ancora sulla didattica di “aula” all’interno di edifici scolastici vetusti. È indispensabile il potenziamento delle infrastrutture di rete e delle strumentazioni digitali in tutte le scuole, per garantire lo svolgimento di attività̀ in modalità̀ sincrona e asincrona anche dopo la fine dello stato di emergenza. Altro tassello del rinnovamento del sistema scuola dovrebbe passare dall’incremento degli organici per garantire insegnamenti differenziati e personalizzati e prevedere il finanziamento di un contratto collettivo di comparto più̀ moderno che consenta, finalmente, di superare la rigida delimitazione a 18 ore della tradizionale “cattedra dei docenti” e introduca la progressione di carriera diversamente retribuita a seconda dei livelli quadro raggiunti. L’incremento dei fondi a disposizione, dovrebbe riguardare anche i dirigenti scolastici e il middle management come figure di sistema con retribuzioni adeguate alle maggiori responsabilità e competenze. Ed ancora, l’aggiornamento della governance delle scuole, cioè̀ delle competenze degli organi collegiali, anacronisticamente ferme alle disposizioni legislative emanate nel lontano 1974; la definizione di un costo standard per alunno oggi assurdamente fermo a 20,00 euro  all’anno per studente, con pianificazione invece degli investimenti sui territori secondo opportuni parametri di rilevanza sociale; l’attuazione di un adeguato piano di formazione  permanente dei docenti e di tutti gli operatori della scuola; la revisione della costituzione e della modulazione oraria delle relazioni classi-gruppi- docenti; l’importantissima  ridefinizione dei curricoli ordinamentali, prevedendo maggiori opzionalità e facoltatività̀ per le scelte delle famiglie; la revisione del sistema di valutazione degli alunni che preveda l’eliminazione dei voti e l’introduzione della certificazione e riconoscibilità internazionale dei  livelli di competenza raggiunti.

Disagio psicologico, stress, alienazione, perdita della privacy sono le conseguenze di 2 anni di DAD su insegnanti, studenti e genitori. Facciamo il punto con protagonisti ed esperti.